Una BCE non troppo convincente?

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Se ormai da tempo Powell ha espresso chiaramente che il momento del tapering è arrivato e ribadito che dal lato dei tassi le decisioni sono slegate dal precedente e sarà necessario attendere parecchio, questa settimana è stata la volta della BCE, nella sua riunione di politica monetaria, a dover chiarire le sue posizioni

In generale possiamo dire che le due banche centrali (Fed e Bce) stanno progressivamente riconoscendo che l’inflazione potrebbe non essere così temporanea come sempre sostenuto dalla loro retorica. Le pressioni sui prezzi potrebbero durare più a lungo del previsto e fino al prossimo anno, e lo stesso vale per la pressione sui salari: il timore dei mercati è quello che elevati costi delle materie prime, vincoli all’offerta, colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento e pressioni sui salari possano non risolversi a breve e indurre un’inflazione più persistente al punto da costringere le BC ad utilizzare i loro mezzi per contrastarla.

Venendo all’esito della riunione BCE possiamo definirla interlocutoria prima di quella di dicembre. Le indicazioni più rilevanti sono così riassumibili:

1) l’inflazione è attesa ancora risalire a breve e poi calare nel corso del 2022, ma il suo rialzo è visto dalla Bce ancora come “transitorio” anche se più prolungato del previsto (stessa linea adottata dalla Fed);

2) le cause del prolungamento della fase di inflazione su livelli elevati dipende dai rialzi dei prezzi energetici, dalla ripresa dell’economia dopo le riaperture (domanda sopra il potenziale), effetti statistici e colli di bottiglia dell’offerta (che però dovrebbero gradualmente rientrare);

3) una durata eccessiva però di prezzi energetici alti e dei colli di bottiglia potrebbe rallentare l’economia e indebolire il potere d’acquisto;

4) sui tassi, è stato ribadito che le attese del mercato (che addirittura sconta un primo rialzo verso la fine del 2022) sono non in linea con la guidance che invece poggia su un’inflazione di riferimento stabile e duratura al 2% nell’orizzonte triennale di proiezione;

5) utilizzo del PEPP fino alla scadenza naturale di marzo 2022, mentre a dicembre verrà discusso il tema TLTRO per evitare brusco calo della liquidità;

6) stagflazione: la Lagarde ha escluso questo scenario, dal momento che non siamo in stagnazione economica.

In sostanza vi è stato il tentativo della Lagarde di attenuare le crescenti attesi di rialzo tassi il prossimo anno, enfatizzando il fatto che non è in linea con i criteri individuati nella guidance recentemente rivista. Il mercato però insiste con la view di un possibile rialzo tassi entro fine 2022, come segnalato dallo spread sui future su tassi Euribor dicembre 21/dicembre 22 (a 35 punti base di rialzo).

La Bce si conferma al momento come una delle banche centrali più colomba, non intenzionata ad utilizzare l’arma del rialzo tassi, preparandosi invece a rimodulare il proprio armamentario di politica monetaria nel meeting del 16 dicembre. Il rialzo dei tassi nominali e reali (in misura ancora maggiore) in corso segnala che potrebbe non essere stata così convincente.