Boschi: “Un Piano Shock per sbloccare subito 120 miliardi di opere”

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Da quando si è calata nell’emergenza del Coronavirus, Maria Elena Boschi, capogruppo di Italia Viva alla Camera, ex ministro e sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha continuato a sollevare il problema della tenuta costituzionale. Non solo in rapporto ai “superpoteri” di un premier costretto a ripetere agli italiani “state in casa” e a convincerli di quanto fosse indispensabile per uscire da questo incubo. Quanto per la cosiddetta clausola di supremazia, ovvero il ruolo dello Stato in caso di emergenza e il rapporto con le Regioni. Tema cruciale e quantomai attuale visto l’andamento in ordine sparso delle scelte regionali.

Mai come ora fare presto è diventato, più che una scelta, un imperativo. Il Paese riparte se si bypassa la burocrazia. Per mettere in moto la liquidità servono nuove armi come l’autocertificazione e la tracciabilità digitale: il ruolo delle banche sarà sempre più decisivo. L’impressione, però, è che il sistema bancario si stia incartando. Migliaia e migliaia di imprese a corto di liquidità rischiano di chiudere. Dove si è sbagliato?
Il dl liquidità nasce da un’intuizione giusta: dare risorse immediate alle imprese e ai professionisti per far fronte al calo di liqualità derivante dalla mancanza di flussi di cassa per le chiusure forzate. Liquidità per consentire di non chiuderee ripartire, garantita dallo Stato. Noi di Italia Viva abbiamo spinto perché ci fosse una iniezione di liquidità e quindi di fiducia sull’esempio di altri Paesi come la Francia. Il problema è che noi avevamo chiesto che lo stato garantisse il 100% per escludere la valutazione del merito creditizio da parte delle banche perché questo avrebbe portato all’allungamento dei tempi. come sta avvenendo purtroppo. Sarà fondamentale migliorare il testo in Parlamento. Noi come Italia Viva proporremmo di puntare molto su autocertificazione estendendola almeno fino a 800.000 euro garantendo controlli incrociati rigorosi dopo. Il tempo è tutto per salvare le aziende ed evitare una carneficina di posti di lavoro.

In alcune regioni del Sud i contagi da coronavirus sono ormai vicini allo zero. Che senso ha non accelerare le riaperture nelle zone dove i rischi sono minori? Perché secondo lei non si è pensato a un piano differenziato? Che ruolo ha giocato la Confindustria? Con il focolaio al Sud, lei, in tutta sincerità, pensa che il Nord si sarebbe fermato?
Al nord come al sud ci sono regioni in cui i nuovi contagi sono vicino allo zero. Basti pensare alla Basilicata come all’Alto Adige. Non riaprire li non ha senso. Penso che si dovevano programmare delle riaperture differenziate sulla base dei contagi e dei posti in rianimazione, ma con linee guida nazionali su come ripartire in condizioni di sicurezza per la salute. Ai cittadini come alle imprese servono risposte chiare e univoche su come funzioneranno i mezzi di trasporto per andare a lavoro, sull’uso di mascherine edi quale tipo e costi via. Il vero problema sarà poi anche prevedere delle misure per aiutare le famiglie con figli come chiede anche la ministra Bonetti, visto che le scuole non riapriranno. Sono settimane che noi di Italia Viva chiediamo al governo di studiare le regole per riaprire tutelando la salute. Purtroppo siamo arrivati in ritardo rispetto ad altri competitors come Francia e Germania che ora, con le loro aziende, rischiano di prenderci quote di mercato difficili da recuperare. Riaprire subito dove possibile è essenziale perché dopo essere scampati al virus, non soccombiamo alla crisi economica.

Matteo Renzi ha accusato il governo di calpestare la Costituzione. Un giorno sì e l’altro pure critica il premier, e lo fa in un fase 2 che si annuncia delicatissima per la nostra democrazia. Cosa risponde a chi dice che bisognerebbe invece fare quadrato perché sovranismo e populismo non sono stati affatto battuti?
Noi siamo stati seri e responsabili. Fin dal primo giorno dell’emergenza abbiamo messo da parte ogni polemica politica, ogni critica. Da Renzi non c’è stata una sola parola contro Conte, ma anzi l’invito a sostenere tutti il governo e seguire ogni regola anche quelle che non ci convincevano. Abbiamo votato ogni provvedimento e continueremo a farlo anche con il dl liquidità e con il decreto aprile che stanzierà 55 miliardi. Abbiamo tolto la maglia di partito e indossato quella dell’Italia. Finché durerà il lockdown nessuno pensa a mettere in discussione il governo. Ma ci sono principi e valori fondamentali che non possono essere calpestati. La democrazia non si sospende nemmeno ai tempi del coronavirus. Oggi non ci sono più le condizioni per giustificare limitazioni così dure di libertà personali fondamentali come quelle che continua a imporre il governo, senza nemmeno un passaggio in Parlamento. Non possiamo tacere di fronte a un precedente che è sbagliato oggi, ma rischia di essere pericolosissimo un domani. Qui non si tratta di attaccare Conte, ma di difendere la Costituzione. E anche se sembra che siamo in pochi a farlo, non ci tireremo indietro. Oggi anche la presidente Cartabia ha sottolineato i rischi che viviamo. Non penso che qualcuno immagini che sia un “attentato” al governo.

In tutte le crisi a rischiare di più è sempre l’anello più debole della catena. La forbice delle disuguaglianze nel nostro Paese potrebbe allargarsi ancora. Italia Viva è appena nata ma ha un progetto ambizioso. Da dove può ripartire il Mezzogiorno?
Tutti, non solo il Mezzogiorno, dobbiamo ripartire dall’esempio dei nostri nonni. Dopo la seconda guerra mondiale, i nostri nonni non hanno pensato di vivere di sussidi ma si sono rimboccati le maniche. Più studio e più lavoro: coli hanno reso di nuovo grande l’Italia. Noi oggi non possiamo essere da meno: più studio e più lavoro. Come Italia Viva da mesi abbiamo proposto al governo il Piano Italia Shock per sbloccare 120 miliardi di opere pubbliche ferme. Ieri abbiamo inaugurato in tempi record il nuovo ponte di Genova, un grande successo per il nostro paese pur nato da una tragedia. Perché non replicare il modello Genova o expo a tutte le opere pubbliche ferme? Far ripartire subito i cantieri con zero burocrazia aiuterebbe il Mezzogiorno. Posti di lavoro e pil subito. Ma occorre che il governo si sbrighi. Noi con il governo Renzi abbiamo destinato soldi mai messi prima al sud coi piani per il Mezzogiorno, solo che in gran parte non sono stati spesi negli anni successivi e sono fermi li. Ora come Italia Viva proponiamo la fase due: un piano shock per utilizzare quelle risorse rapidamente. In tempi eccezionali, servono norme eccezionali. E poi so che può apparire strano. ma io penso che la scuola sarà centrale in prospettiva per cui estendiamo subito il tempo pieno anche al sud.

Aver concentrato in due o tre regioni tutte o quasi le maggiori attività produttive del Paese si è dimostrato un modello sbagliato. Il tema della locomotiva che trainava tutti gli altri vagoni è finito. Sottoscriverebbe questa frase?
Onestamente non penso che si sia trattato solo di una scelta programmata, ma anche di una serie di condizioni che hanno origini antiche. Di sicuro non si può immaginare un modello in cui si spinge solo su alcune realtà produttive. Ed è uno dei motivi per cui il progetto di autonomia differenziata che il governo aveva immaginato di presentare prima del coronavirus non ci convinceva del tutto. Il regionalismo cooperativo è un valore da difendere: non possiamo acuire le distanze trai territori e i cittadini all’interno del nostro Paese, pur rispettando il ruolo fondamentale delle regioni. Penso che la lezione del coronavirus imponga una ulteriore riflessione prima di fare scelte in questo senso. Paradossalmente, da questa crisi potremmo cercare di trarre delle opportunità per ripensare un modello che avvicini la velocità, ovviamente puntando a correre di più tutti.

Tutti siamo stati sottoposti a una limitazione delle nostre libertà individuali in questi due mesi di lockdown. Per i credenti la privazione è stato motivo di sofferenza. Giusto o sbagliato cedere alle pressioni della Cei?
Non si tratta di cedere alle pressioni della Cei, ma di comprendere le ragionevoli esigenze dei credenti. Penso che sia doveroso ascoltare le richieste di molti concittadini che chiedono di tornare a poter professare la loro religione nei luoghi di culto, garantendo la libertà religiosa. Chi. come me, crede sa che partecipare alla celebrazione della Messa e avvicinarsi ai sacramenti non è la stessa cosa che pregare da casa. Se si può stare a un metro di distanza in un treno, lo si può fare anche in chiesa. Trovo positivo che il governo su questo possa cambiare idea.

Immagino che lei il 4 maggio non avrà problemi di mobilità. Come i fotografi e i giornalisti, del resto, Si metta però per un attimo nei panni di chi dovrà districarsi tra i paragrafi dell’ultimo Dpcm per capire se e come potrà spostarsi. Tra cugini di primo grado, zii, affetti stabili, congiunti, etc. etc. Non sarebbe anche lei curiosa di sapere chi dà certi consigli a Conte?
«Noi parlamentari siamo sicuramente più fortunati perché in ragione del nostro mandato siamo liberi di spostarci, anche se io cerco di rispettare comunque le regole del Governo. Nel cercare di rispettare le regole anche io a volte faccio fatica a capirle o aiutare chi mi chiede chiarimenti sui dpcm. Sicuramente il governo avrebbe dovuto evitare il sovrapporsi di molti provvedimenti, talvolta in contraddizione con quelli di Regioni e Comuni. Anche per questo abbiamo chiesto dí trasformarli in un dl, così il Parlamento potrebbe migliorarli con il proprio lavoro e renderli più chiari».