Zagrebelsky “demolisce” Meloni, Salvini e Renzi: Attaccano Conte per dimostrare che esistono

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Fascisti, complottisti e detrattori scatenati in queste ore contro i provvedimenti del governo Conte per limitare la diffusione del contagio anche in vista della cosiddetta ripartenza. Misure che vengono definite da qualcuno “prove tecniche di dittatura”. Come se, cioè, il governo, stesse manovrando, in piena pandemia, per instaurare in Italia un regime dittatoriale, stile Pinochet o, se volete, stile Mussolini. Ed è proprio da una “erede” politica del duce che giungono gli attacchi più violenti. La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, denuncia addirittura la “violazione della Costituzione”, così come fa da giorni un altro “amante” della Costituzione, Matteo Salvini ma anche lo stesso Matteo Renzi che la Costituzione provò a demolirla, per fortuna non riuscendovi, appena qualche anno fa: “Non daremo a Conte i pieni poteri che non abbiamo dato a Salvini”, ha detto il senatore di Rignano. I dpcm di Conte, è il ragionamento, cancellano le libertà costituzionali perché vietano la libertà di circolazione e di riunione. Stupisce, e un po’ – diciamolo – diverte vedere Meloni richiamare (a proprio uso) la Costituzione nata dalla resistenza al fascismo: “Abbiamo una Costituzione sospesa da due mesi”, ha tuonato Meloni. Peccato, tuttavia, che non vi sia alcuna violazione dei principi costituzionali e che Conte abbia agito nella piena legalità democratica oltre che con buonsenso, come spiega il professor Gustavo Zagrebelsky al Fatto Quotidiano: ”Chi dice che il governo e il suo capo si siano dati i famigerati pieni poteri e che la Costituzione sia stata violata, non sa di cosa sta parlando.”

Professore – chiede il Fatto – si mette in discussione la legittimità dei provvedimenti del governo. Lei che pensa?

Stiamo ai testi. Abbiamo due decreti-legge, il primo convertito in legge e il secondo, a quanto mi risulta, non ancora esaminato dal Parlamento, ma in vigore. E poi 11 decreti del presidente del Consiglio, gli ormai celeberrimi dpcm. I decreti legge sono equivalenti alle leggi, che servono, secondo Costituzione, a fronteggiare i “casi straordinari di necessità e urgenza”. Credo che nessuno dubiti che si sia in uno di questi casi. Il decreto legge numero 6 di febbraio stabilisce che le autorità competenti sono “tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica”. Successivamente indica le materie in cui tali misure possono intervenire: circolazione, trasporti, scuola, manifestazioni pubbliche, ecc. In breve: le misure attuative (i dpcm) sono autorizzate dalla legge e il governo ha fatto uso dell’autorizzazione in quanto “autorità competente”. Il governo non ha usurpato poteri che non gli fossero stati concessi dal Parlamento. Undici decreti sono tanti, ma l’autorizzazione data al governo prevede precisamente che l’attuazione sia, per così dire, mobile, seguendo ragionevolmente l’andamento dell’epidemia.

Quindi tutto bene?

Sto parlando degli aspetti formali. Le restrizioni dei diritti costituzionali in situazioni come quella che stiamo vivendo e nei limiti ch’essa richiede devono avvenire in base alla legge, ed è ciò che è avvenuto. “In base alla legge” e non necessariamente dalla legge approvata dal Parlamento: ci immaginiamo che cosa sarebbe una discussione parlamentare articolo per articolo? Nella sostanza, le misure oggetto della decretazione possono essere valutate come si vuole, ma questa è un’altra questione. L’opinione di chi sostiene che i diritti costituzionali siano stati limitati per arroganza del governo è errata.

C’è chi dice che il governo e il suo capo si siano dati i famigerati pieni poteri.

Appunto: c’è chi lo dice, ma non è detto che sappia quel che dice. Questi cosiddetti pieni poteri in realtà sono stati attribuiti dal Parlamento e dunque non se li sono “presi”. In secondo luogo, si tratta di poteri tutt’altro che pieni, essendo limitati dallo scopo: il contenimento della diffusione del virus. Fuori da questa finalità sarebbero illegittimi.

Non le sembra che il Parlamento sia emarginato?

In un certo senso sì, perché una grande questione nazionale come è questa meriterebbe dibattiti e deliberazioni d’alto livello, appelli alla solidarietà nazionale, dimostrazioni di consapevolezza della gravità del momento, insomma ciò che ci si aspetterebbe dai nostri “eletti”. La sede naturale è il Parlamento. Se il Parlamento (o meglio alcune forze politiche) lamenta l’emarginazione, la imputi a se stesso che ha votato l’autorizzazione con una sua legge. In ogni caso, il Parlamento dispone in qualunque momento di strumenti per aprire dibattiti e confronti, per modificare ed, eventualmente, anche per togliere al governo ogni potere e riprenderselo. Se vuole e può, lo faccia. Ma mi pare piuttosto che si preferisca litigare per mostrare di esistere e fare propaganda.

Fortebraccio News